Il Coronavirus accelera il passaggio al digitale anche nella giustizia ma questo comporta una maggiore attenzione soprattutto su privacy e corrispondenza.
La giustizia diventa digitale. O meglio avrebbe già dovuto esserlo se si pensa che il D.P.R. n. 123 del 2001 disciplinava già l’uso degli strumenti per il processo civile. Solo nel 2014 e non senza opposizioni e ritrosie si è arrivati all’obbligatorietà del deposito telematico per il processo civile. Negli anni successivi anche quello amministrativo e tributario si sono adeguati.
Pur nella difficoltà di inseguire una tecnologia sempre in evoluzione continua, la giustizia ha recepito i cambiamenti, e l’emergenza Coronavirus ha imposto un’accelerazione definitiva. I vantaggi sono subito comprensibili: minori esigenze di spostamento, drastica riduzione del materiale cartaceo, tribunali meno ingolfati.
L’uso di qualsiasi strumento digitale però deve essere consapevole, non può prescindere da una seria analisi dei rischi della rete. Un uso massivo impone riflessioni soprattutto sul lato privacy e sull’opportunità di una gestione oculata della propria comunicazione e corrispondenza. Bisogna tener conto infatti che qualsiasi messaggio ha una valenza e un peso, soprattutto sul piano legale. A prescindere da quale mezzo (Messanger, Direct, e-mail…) si utilizzi per trasmetterlo.
Skype for Business e Microsoft Teams, scelti dalla DGSIA per lo svolgimento di udienze civili e penali, sono strumenti utili, ma si troveranno a trasferire informazioni e dati sensibili che bisogna in ogni modo tutelare. Quanto successo poco tempo fa sul sito dell’Inps impone allo Stato una completa revisione dei propri software e sistemi di protezione dei dati. Ancor di più nei processi, viste le informazioni riservate che vi si trattano, si deve garantire la più completa sicurezza.
Non solo per la giustizia ma per qualsiasi uso se ne faccia (lavoro o vita privata), occorre prendere coscienza dei rischi e tutelare le proprie informazioni. Zoom ha conosciuto un’impennata, ma si è dimostrata pure facile da penetrare per i malintenzionati.
Il consiglio è sempre di visionare quali informazioni vengono trasmesse e in quale modo sia meglio farlo oltre ad un approfondito esame delle impostazioni della privacy dell’applicazione scelta, all’utilizzo di un antivirus sul pc, di una rete virtuale privata (VPN), fino all’inserimento di un’autentificazione a due fattori sui dispositivi mobili. Accorgimenti e contromisure semplici che possono mettere al sicuro le tante informazioni che quotidianamente veicoliamo sulla rete.
Con il digitale si ripropone inoltre la questione della manipolazione e della contraffazione dei documenti. Problemi che forse sono sempre esistiti e che ora rischiano di acuirsi attraverso l’uso digitale. Come si può stabilire l’autenticità di un documento smaterializzato? Un testo scannerizzato a bassa qualità e per di più frutto di una stampa precedente è difficile da identificare. Per ridurre al minimo le possibilità di manipolazione sarebbe auspicabile o consigliabile, in alcuni casi, chiedere l’esibizione del documento in originale o quantomeno chiedere da chi o come è stato generato.
Per questo il passaggio ad una giustizia digitale rappresenta un’opportunità se diretto e orientato con senno e consapevolezza.
Per info: elisabetta@avvocatomarinarifirenze.com
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