Fare testamento: come scrivere le nostre ultime volontà

03 settembre 2020

Lo Studio Marinari spiega nel dettaglio cos'è il testamento, quali sono le tipologie, come dev'essere redatto e quali sono i casi in cui può essere invalidato.

Chiunque di noi può decidere di fare testamento. L'art. 587 c.c. descrive il testamento come “un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse".

Le forme ordinarie di testamento sono il testamento olografo, ossia il testamento scritto di pugno del testatore, e il testamento per atto di notaio, che può essere pubblico o segreto. Il testamento, che sia olografo o per atto di notaio, è l’espressione del potere di ciascuno di noi di disporre, in vita, dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte. Esso è un atto strettamente personale, di ultima volontà, e come tale deve rispettato da parte dei sopravvissuti, parenti o amici che siano.

Chi intende disporre delle proprie sostanze, o regolare particolari questioni non patrimoniali (per es., riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio o riabilitare un indegno), e farlo da solo, senza rivolgersi ad un Professionista, sia esso un avvocato o un notaio, deve scrivere il testamento, in questo caso olografo, tutto di suo pugno, incluse la data, indicata per esteso (giorno, mese ed anno), e la sua sottoscrizione, quest’ultima posta alla fine del documento, dopo tutte le disposizioni e dopo la stessa data.

Ma il nostro testatore “autodidatta” deve anche ricordare che non è nella sua disponibilità pregiudicare le quote dei legittimari, ossia del coniuge e dei figli, a cui andrà la quota del suo patrimonio che la legge definisce “indisponibile”: se oltre al coniuge ancora in vita ci sono 2 o più figli, al coniuge va 1/4 dell’eredità, mentre 1/2 va diviso tra i figli in parti uguali, per cui la quota di cui il nostro testatore potrà liberamente disporre ammonta a 1/4 dell’eredità; mentre se l’altro coniuge non è più in vita (o è intervenuta la sentenza di divorzio) e ci sono 2 o più figli, ai figli vanno i 2/3 dell’eredità divisa per parti uguali, ed il restante 1/3 costituisce la quota che il nostro testatore potrà lasciare a chi più gli aggrada.

Inoltre, per evitare che qualcuno dei legittimari possa, dopo la sua morte, impugnare il testamento, nel calcolare la quota del patrimonio di cui potrà, per il caso di morte, liberamente disporre, il nostro testatore dovrà anche ricordarsi degli atti di liberalità compiuti, o che intende compiere, in favore di questi ultimi legittimari. Difatti, per determinare l’ammontare della quota di cui può disporre, il testatore deve prima calcolare la massa di tutte le attività che gli appartengono, al netto dei debiti; poi aggiungere ad essa i beni di cui ha disposto, o intende disporre, a titolo di donazione nei confronti di uno o più dei legittimari; ed in ultimo calcolare sul valore così ricavato la quota disponibile (a seconda dei casi, 1/4 ovvero 1/3 dell’intero così ricavato).

Un testamento può essere revocato? Quando?

È infine utile ricordare che il testamento può essere sempre revocato, anche parzialmente, con un nuovo testamento o con una dichiarazione di revoca espressa ricevuta da un notaio alla presenza di due testimoni. Con le medesime forme può essere revocata anche la stessa revocazione, con il risultato di fare rivivere le disposizioni testamentarie originarie revocate.

Per chi invece è interessato agli effetti di un testamento olografo, in quanto si considera un  “chiamato all’eredità” ecco alcuni “casi particolari” da tenere presenti. Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera, in tutto o in parte, revocato.

In materia di revoca tacita del testamento, ex art. 684 c.c., colui che invoca gli effetti di un testamento olografo nell'impossibilità di produrlo in originale al fine di procedere alla sua pubblicazione, deve proporre una domanda di accertamento dell'esistenza e della persistenza del dedotto testamento al momento della morte del de cuius (letteralmente, colui della cui eredità si tratta). A tal fine, colui che agisce – l’attore - è tenuto ad assolvere ad un duplice onere probatorio, giacché deve provare sia che il testamento originale esisteva ancora al momento dell'apertura della successione e che, quindi, la sua irreperibilità non può farsi risalire in alcun modo al testatore, oppure che questi, benché supposto autore materiale della distruzione, non era animato da volontà di revoca; deve, altresì, provare il contenuto del testamento, oltre all'esistenza dei requisiti di forma richiesti dalla legge.

Se invece colui che si ritiene pregiudicato da un testamento intende conseguire una dichiarazione giudiziale di falsità del documento testamentario dovrà proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova sarà esclusivamente a suo carico (Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 12307/2015). Tuttavia, nel procedimento di verificazione della scrittura privata il Giudice “ha il potere - dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova (n.d.r. diverso anche dalla perizia calligrafica)  obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità” (cfr. Cass. 01/03/2002, n. 3009). Dichiarata la falsità del testamento deve ritenersi aperta la successione legittima.

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