L'estensione del green pass a tutti i lavoratori apre a nuove controversie
Per lavorare occorre dimostrare di essere immunizzati o quantomeno di non essere positivi, in un lasso di tempo che, a seconda del tipo di tampone, varia dalle 48 alle 72 ore. Dal 15 ottobre è necessario esibire il green pass per lavorare, fanno eccezione alcune categorie per cui non è richiesto, come alcuni liberi professionisti, o altre che già avevano questi obblighi come i sanitari.
Se appunto per alcune professioni c'è l'obbligo e chi lo viola può incorrere anche nel licenziamento, ma anche in questo caso ci sono infinite traversie, in primis perché la sanità pubblica è sempre in affanno e sottorganico (ci sono state delle sospensioni ma ancora non degli effettivi licenziamenti), esso non è previsto per chi non è in possesso del green pass. In questo caso il lavoratore sprovvisto è assente ingiustificato, perde il diritto alla retribuzione (e ai contributi) ma la sua assenza ingiustificata non apre a conseguenze disciplinari. Diversamente quando viene scoperto o trovato senza green pass sul posto di lavoro: in questo caso è passibile di una sanzione che va da 600 a 1500 euro.
Ad ogni modo, è bene richiamare che ogni licenziamento, ma anche banalmente ogni assenza, sia essa giustificata o ingiustificata, è sempre un problema per le aziende. L'esperienza e le competenze non si sostituiscono dall'oggi al domani. Anche per questo, mentre il dibattito politico e giurisprudenziale sul tema è aperto, occorre favorire un clima di rispetto e di reciproca comprensione.
"La sospensione senza retribuzione del lavoratore operante in una R.S.A. che non abbia aderito alla campagna vaccinale va qualificata come extrema ratio, sussistendo in capo al datore di lavoro uno specifico onere di verificare l'esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, atte a preservare la condizione occupazionale e retributiva, da un lato, e compatibili, dall'altro, con la tutela della salubrità dell'ambiente di lavoro, in quanto non prevedenti contatti interpersonali con soggetti fragili o comportanti, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2" si legge nella recente sentenza del Tribunale di Milano, Sez. lavoro, 15/09/2021, n. 2316, di fatto superata dall'estensione.
La sospensione dal lavoro prevista dall'ultimo Decreto Legge solleva dunque il datore di lavoro da una parte di responsabilità – quella verificare l'esistenza di posizioni alternative (verifica supportata da idonea documentazione al fine di prevenire/affrontare un eventuale contenzioso intentato dal lavoratore) – che si aggiungeva a quella, più generale, di tutelare la salubrità dell'ambiente di lavoro, composta da tutti gli obblighi anti-covid (rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie, sanificazione, controllo degli accessi al lavoro, solo con green pass o tampone), ma “erode” il principio di preservazione della condizione occupazionale e retributiva del lavoratore, in futuro sempre più esposto a sue preoccupanti rinegoziazioni in punto di stabilità e di piena tutela.
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