Il controllo remoto durante lo smart working: quando è consentito?

14 gennaio 2021

Vigilare sull'effettivo svolgimento delle mansioni e sulla qualità del lavoro è da sempre un problema per le aziende, invogliate a trovare sistemi più sofisticati di controllo ma anche alle prese con norme sempre più complesse sulla privacy, mentre i lavoratori, dal canto loro, lottano per un miglior equilibrio tra tempo del lavoro e vita personale. E in tal senso, avendo compresso fortemente entrambi facendone sfumare i confini tra vita attiva e tempo per il riposo, lo smart working non smette di alimentare dubbi e critiche.

Per larga parte della storia repubblicana, infatti, l’Italia ha circoscritto molto l’azione di controllo del datore di lavoro sui dipendenti. Nel compenetrare i due diritti che sono in gioco, quello del lavoratore e dell’azienda, e potenzialmente contrapposti, lo Statuto dei Lavoratori (1970) all’art. 4 prescriveva al comma 1 che “è vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”. Negli articoli successivi aggiungeva precise disposizioni per l’istallazione di impianti di controllo, previo comunque accordo e coinvolgimento delle parti sindacali. Lo smart working ha segnato un cambio sensibile in materia.

Istituito per la prima volta nel 2015 a partire dal Jobs Act, il cosiddetto lavoro agile ha conosciuto un’ampia diffusione con l’emergenza Coronavirus, una successiva sedimentazione nella società e un costante incoraggiamento da parte del legislatore. Adesso è una modalità nuova e irrinunciabile di continuare a lavorare. Si tratta di una modalità indispensabile certo ma che scarica crescenti costi sul lavoratore stesso: niente più buoni pasto, costi per i servizi interamente in capo a lui (elettricità, rete internet), diminuzione delle pause, difficoltà nella disconnessione (analizzata in questo contributo). Insomma, tutt’altro che una panacea per molti che, in assenza di sperimentazioni effettive, ci si sono letteralmente ritrovati.

Al di là degli effettivi vantaggi in termini di contenimento dei costi e nell’ottica di una più efficace gestione della sicurezza sanitaria (quali e quanto grandi possono essere i danni per un caso di positività?), in capo all’aziende comunque rimane un poderoso compito di gestione della privacy stessa. Allo stesso tempo, qualora vengano previsti degli strumenti di controllo del lavoratore di essi dev’essere data piena informazione: i controlli devono essere comunque limitati e proporzionati, spesso correlati quasi esclusivamente a beni aziendali o strumenti (in senso ampio, quindi anche per esempio mail) messi a disposizione dell’azienda. Anche per questo è sempre più importante una gestione professionale delle comunicazioni e degli strumenti utilizzati.

La trasformazione del lavoro in digitale è soltanto all'inizio e meriterebbe una legislazione in grado di conciliare le esigenze di aziende e lavoratori (ne abbiamo trattato anche qui della normativa sul lavoro) nel rispetto innanzitutto della qualità del lavoro stesso ma anche della vita del lavoratore. Perché solo un bilanciamento efficiente con i tempi per la vita privata porta migliorie nelle prestazioni lavorative.

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