La permuta: uno scambio di favori

17 settembre 2021

La crisi economica fa risorgere il baratto ma senza esenzioni fiscali

In questi anni di emergenza economica, dove la imposta tracciabilità dei pagamenti è un costo ulteriore che grava su privati e imprese, riducendo ancora di più il margine di guadagno, dove la imposizione fiscale ha raggiunto limiti di intollerabilità, e dove il denaro non circola, oramai mezzo di pagamento in parte illegale e in parte desueto, nel tentativo di trovare soluzioni alla crisi privati ed imprese stanno rivalutando l'antica pratica della compensatio o baratto, oggi permuta (Codice Civile, articolo 1552 e seguenti), anche per le prestazioni professionali.

La permuta consiste nello scambio reciproco di beni, diritti e servizi fra soggetti senza l’uso del denaro.

Ad esempio, un professionista deve emettere una parcella di 100.000 + cap + iva - r.a ad una impresa di costruzione, che non avendo soldi liquidi per pagarlo gli vuole dare in permuta un immobile grezzo allo stesso prezzo;  oppure, un professionista deve emettere una parcella di 1000 + cap + iva ad un artigiano per una questione non attinente alla professione da quest'ultimo svolta, che non avendo soldi liquidi per pagarlo gli propone di riparare l'impianto elettrico della sua abitazione privata, anche questa non interessata, e dunque estranea, all'attività svolta dal professionista.

Ma è bene ricordare che la compensazione riguarda solo il valore delle prestazioni, dei beni ed dei servizi che vengono scambiati, non l'aspetto fiscale, per il quale resta valido quanto stabilito, ai fini IVA, dall'art. 11 del D.P.R. n. 633/1972 per il quale:

le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate".

L'operazione permutativa ai fini IVA è difatti sempre valida e rilevante

E questo gli operatori economici non lo devono mai ignorare, soprattutto quando le rispettive attività lasciano inevitabilmente una traccia in una pubblicazione o in una delle mille banche dati oggi esistenti, spesso attestata da una firma, anche elettronica, e/o da un ordine di acquisto e/o da un deposito di istanza presso una P.A. qualsiasi (Ufficio del Registro, Tribunale, Comune ecc.).

I casi che concretizzano un'operazione permutativa possono essere i seguenti:

  1. Cessione di beni a fronte di cessione di altri beni;
  2. Cessione di beni a fronte di prestazione di servizi e viceversa;
  3. Prestazioni di servizi a fronte di altre prestazioni.

E la Corte di Cassazione con la sent. n. 7947/2019, avvalorando l'orientamento già espresso dalle pronunce nn. 25661/2018 e 25653/2018, peraltro tutte in linea con l'aggiornata vocazione giurisprudenziale della Corte europea (CGUE) in materia di IVA, ci ricorda che anche se fanno parte di una stessa operazione permutativa, i diversi servizi e le diverse attività poste in essere nell'esercizio di una impresa, di un'arte o di una professione sono soggette a imposizione, separatamente. E se questo vale ai fini IVA, lo stesso vale, a maggior ragione, anche ai fini IRPEF. Tanto in termini formali che in termini sostanziali.

La nozione di permuta, valida ai fini fiscali e tributari, è difatti più ampia di quella civilistica, ove la permuta è un contratto a titolo oneroso avente ad oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all'altro senza che tra le parti corra del denaro, comprendendo anche il caso in cui  il corrispettivo è invece costituito da una prestazione di fare o non fare, che per il nostro Codice Civile è riconducibile ad un contratto innominato del genere "do ut facies".

Se entrambi i contraenti sono soggetti IVA, ma il contratto è unico, le operazioni permutative dovranno dunque essere considerate come soggette, separatamente, alle rispettive discipline che regolano, sempre separatamente, la rispettiva imponibilità, il rispettivo momento impositivo, la rispettiva base imponibile e l’aliquota applicabile al caso concreto.

Ciò significa che per i beni ed i servizi che formano oggetto dell’operazione permutativa sarà il loro "valore normale" a costituire la base imponibile individuata per ciascuno di essi (art. 13 D.P.R. n. 633/1972); e che, se l'operazione è messa in campo da soggetti d'imposta, le due cessioni saranno imponibili ed entrambi beneficeranno della detrazione. In altre parole, ai fini fiscali le operazioni non possono mai essere compensate. Mentre per quanto riguarda il momento rilevante ai fini dell’esigibilità della imposta (IVA), per i beni mobili lo stesso si realizzerà all’atto della loro consegna; per quelli immobili nel momento della stipula; e per le prestazioni di servizi all’atto del pagamento, anche parziale, o dell’emissione della fattura/ricevuta, indipendentemente dal fatto che il pagamento sia o meno avvenuto.

Ma cosa succede nel caso di cessione di beni a fronte di prestazione di servizi e viceversa?

Tanto per fare un esempio, un campo in cui oggi frequentemente si realizzano operazioni permutative è quello della pubblicità.

Il contratto di pubblicità (o contratto di vendita di spazi pubblicitari) è l'accordo con il quale un soggetto, fornitore, concede l'utilizzo di un proprio spazio pubblicitario ad un altro soggetto, cliente, per il posizionamento di materiale pubblicitario dietro il versamento di un corrispettivo, spesso costituito da beni e servizi del cliente stesso che il fornitore affida ai propri dipendenti o a operatori specializzati che li collocano su mercati/circuiti chiusi.

In questo caso, per l'Amministrazione Finanziaria e per la Suprema Corte di Cassazione, fatto generatore di esigibilità (momento impositivo) è l'esecuzione della prestazione pubblicitaria, e, pertanto, tanto il fornitore che il cliente saranno tenuti ad emettere le rispettive fatture contestualmente all’atto dell'esecuzione di questa prima prestazione.

Tuttavia, la sentenza della Cassazione sopra citata si occupa di un caso che molti di noi potrebbero pensare irrilevante ai fini della imposizione fiscale.

Una società editrice aveva curato la pubblicazione, su di un quotidiano, del regolamento di una manifestazione canora e di altri documenti relativi alla manifestazione stessa. A fronte di tale pubblicazione, resa nell'interesse della società organizzatrice della manifestazione canora, quest'ultima aveva inserito nell'ambito del regolamento del concorso e del modulo di iscrizione la dicitura “in collaborazione con” l'anzidetto quotidiano.

L'Amministrazione Finanziaria accertava dunque in capo alla società editrice l'omessa annotazione ai fini IRPEG ed IVA delle operazioni costituenti permuta e consistenti, da una parte, nell'avere curato sul quotidiano la pubblicazione del regolamento della manifestazione canora; e dall'altra nell'avere pubblicizzato, ad opera della società che aveva organizzato la manifestazione canora, la collaborazione con il quotidiano stesso.

Diversamente dalla società editrice contribuente, l'Amministrazione Finanziaria prima, e la Cassazione dopo, ritengono che le operazioni sopra descritte costituiscono operazioni permutative attuate attraverso la scambio vicendevole di servizi, non comprese nella previsione generale di cui al D.P.R. n. 633/1972, artt. 2 e 3, ma qualificabili come operazioni di cui, appunto, all’art. 11 stesso D.P.R..

In particolare, secondo la Cassazione "entrambe le prestazioni sono elementi del sinallagma contrattuale generanti l’operazione permutativa. Tra le due prestazioni – quella del quotidiano e l’altra del soggetto che gestisce la manifestazione canora – esiste, per la S.C. un nesso diretto, secondo il quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario; sono, cioè, operazioni a titolo oneroso e assoggettate ciascuna in modo autonomo all’imposizione IVA".

Se la permuta avviene, invece, tra un soggetto passivo e un privato, l'imponibilità sarà prevista solo per la cessione del soggetto passivo.

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