Quali rischi corriamo comprando oggetti contraffatti?

17 luglio 2020

Acquistare merce di dubbia provenienza espone al rischio di sanzioni anche molto pesanti. E allora, perché c'è ancora qualcuno che compra oggetti contraffatti?

Forse non ci pensiamo mai ma acquistare oggetti contraffatti ha delle conseguenze di non poco conto, e c’è chi ha già deciso, come il Comune di Viareggio, di aggravare le misure contro gli acquisti sotto l'ombrellone. Difatti, oltre alla multa di euro 200 ed il sequestro dell'oggetto già previste, il Comune di Viareggio ha disposto una sanzione supplementare, una multa che varia da 400 a 3 mila euro per inosservanza delle misure anti-covid.

Pertanto, chi compra non solo compie un reato, ma è altresì responsabile di mettere in pericolo la propria vita e quella degli altri perché avvicinandomi al venditore non rispetto le disposizioni sul distanziamento fisico imposto in questo periodo di emergenza.

Le sanzioni per l'acquisto di merce contraffatta

Ci siamo però mai chiesti quale sia la nostra responsabilità di compratori, nell'acquisto di oggetti di dubbia provenienza oppure oggetti che sappiamo essere contraffatti, perché a primo acchito di evidente scarsa qualità?

L'acquisto di oggetti di dubbia provenienza è sanzionato dal Codice penale che con il suo art. 648 colpisce non solo il venditore, ma anche il compratore che rischia di essere accusato di ricettazione: “Fuori dei casi di concorso nel reato [110](1), chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto(2), acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare (3), è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 [709, 712]. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis(4).”

In caso di esclusione della responsabilità penale, l'acquisto di oggetti c.d. “tarocchi” è comunque punito, ai sensi della legge n. 99 del 23 luglio 2009, con sanzioni amministrative che posso raggiungere somme non indifferenti, arrivando a 7.000 euro.

Dunque, ma davvero ci conviene comprare oggetti palesemente contraffatti o rubati? Nella bilancia dei pro e contro avrebbe più senso comprare una borsa di Gucci in Boutique essendo sicuri della provenienza della qualità oppure comprare una borsa che imita il modello che ci piace e rischiare di essere sanzionati per cifre che superano di gran lunga il valore economico della borsa originale? Chi si assume il rischio di comprare essendo consapevole della sanzione? O meglio qual è il target a cui sono diretti i suddetti oggetti?

Ci pare di capire che coloro che comprano oggetti contraffatti abbiano in astratto la possibilità economica di comprare il bene originale, forse non nella medesima quantità o modello. Sarà forse il disvalore sociale verso tali acquisti a scriminare la nostra coscienza. Facciamo un passo indietro. In base alle norme presenti nel nostro ordinamento chi è l’acquirente finale?

Il contratto di vendita ha ad oggetto il trasferimento dal venditore all’acquirente della proprietà di una cosa, o di un altro diritto, il corrispettivo di un prezzo determinato o determinabile. Trattasi di un contratto consensuale a effetti reali, di fatti la proprietà si trasferisce con il semplice consenso. In altre parole, l'acquirente finale siamo noi quando ci avviciniamo ad un venditore ambulante, al banco di un mercato, o entriamo in un negozio, o acquistiamo online.

Ed oggi sono anche proprio questi ultimi, gli acquisti online, a destare nuove preoccupazioni, poiché detti acquisti, seppure compiuti da remoto, non escludono la punibilità del compratore, come dimostra la sentenza n. 12870 del 9 marzo 2016 della Corte di Cassazione, sezione seconda penale, che nel caso di un acquisto online di un paio di scarpe “Nike” sulla piattaforma del colosso dell’e-commerce EBay da parte di una giovane donna, successivamente dichiarate contraffatte, così pronuncia: L’inserzione pubblicata su Ebay dal venditore malese va qualificata come offerta al pubblico ex art. 1336 C.C., in quanto era diretta ad un pubblico indifferenziato (noti o ignoti che fossero gli offerenti) e conteneva gli estremi essenziali del contratto ai quali il consumatore, ove avesse voluto aderire, non poteva fare altro che accettare: in questo schema contrattuale, proponente, va considerato il venditore estero, mentre l’imputato va ritenuto il contraente accettante”.

E allora, chi ce lo fa fare?

La vendita del made in Italy taroccato e dei grandi marchi contraffatti resta forse una forma di “pubblicità” per i veri produttori che vedono, così, aumentare il consenso nei loro confronti; ma è una vera e propria trappola per l’acquirente inconsapevole che attirato dal “buon affare” continua a volere ignorare che tale operazione è pur sempre un illecito, gravemente sanzionato da un punto di vista economico.

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