Quanto è puro il cioccolato?

25 giugno 2020

Una sentenza che rischia di penalizzare il consumatore e i produttori di cioccolateria di qualità.

Con sentenza C-47/2009 la Corte di Giustizia Europea condanna l’Italia per non aver adeguato la propria legislazione interna a quella Europea. Fino alla data del 26/11/2010 l’Italia ha difatti mantenuto una legislazione nazionale che permetteva ai consumatori di poter distinguere tra varie qualità di cioccolato. La direttiva 36/2000/CE, relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana, riconosceva invece in capo ai produttori di prodotti di cioccolateria la facoltà di utilizzare altri grassi vegetali diversi dal burro di cacao, senza l’obbligo, nel caso in cui l’utilizzo di dette sostanze, come la lecitina di soia o la lecitina di girasole, fosse stata inferiore o uguale al 5% della composizione totale del prodotto finale, di specificarlo nell’etichetta del prodotto.

All’interno della Comunità europea la direttiva ha trovato diverse voci di dissenso, tra le quali anche l’Italia, posto che molti paesi propendono per la ricetta originale del cioccolato che prevede l’utilizzo del burro di cacao come unica tipologia di grasso vegetale.

Nello specifico, tuttavia, l’Italia non viene condannata dalla Corte di Giustizia Europea semplicemente perché favorevole al cioccolato senza licitina, quanto, piuttosto, perché consentendo l’utilizzo della denominazione “cioccolato puro”, dimostra di mantenere in vita una normativa interna che contrasta con il diritto comunitario vigente.

Da una parte, infatti, Decreto legislativo n. 178 del 16 giugno 2003, all’articolo 6, rubricato “Uso della dizione “cioccolato puro”, stabilisce che: “I prodotti di cioccolato di cui all'allegato I, punti 3,  4,  5, 6, 7, 8, 9 e 10, che non contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao, fatta eccezione per il  ripieno  diverso  dai  prodotti  di cacao e cioccolato, possono riportare nell'etichettatura  il  termine «puro» abbinato al termine «cioccolato» in  aggiunta  o  integrazione alle denominazioni di vendita di cui all'allegato I oppure la dizione «cioccolato puro» in altra parte dell'etichetta”.

Dall’altra, la direttiva il cui fine principale è quello di avvicinare le legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana per non ostacolare la libera circolazione di questi prodotti e che ha quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e sul funzionamento del mercato comune, recita: “I prodotti di cioccolato che, a norma del paragrafo 1, contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao, possono essere immessi in commercio in tutti gli Stati membri, a condizione che la loro etichettatura, a norma dell'articolo 3, rechi la menzione ben visibile e chiaramente leggibile: «contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao». Tale menzione appare nello stesso campo visivo dell’elenco degli ingredienti, ben distinta da questo, con caratteri di corpo almeno pari all’elenco e in grassetto accanto alla denominazione di vendita; indipendentemente da questa disposizione, la denominazione di vendita del prodotto può apparire anche altrove”, senza ulteriori specificazioni se il prodotto che viene aggiunto in sostituzione od insieme al burro di cacao non superi “il 5 % del prodotto finito dopo la sottrazione del peso totale delle altre eventuali sostanze commestibili impiegate”.

Tale Direttiva non sembra tutelare particolarmente i consumatori quanto, piuttosto, le grandi aziende produttrici di cioccolato le quali anche nell’utilizzare grassi vegetali di natura diversa dal burro di cacao, seppure in misura inferiore al 5% della composizione totale del prodotto, riescono comunque a diminuire i costi di produzione del cioccolato, e questo senza dovere indicare nell’etichetta quale grasso vegetale hanno nello specifico impiegato.

Questa previsione sembra altresì togliere il giusto riconoscimento a quei prodotti di cioccolateria che non contengono altri grassi vegetali diversi dal burro di cacao, e che dunque dovrebbero essere premiati e ritenuti di maggiore valore e di maggiore qualità, ma che grazie alla normativa Europea vengono parificati ad altri prodotti di qualità sicuramente inferiore.

Dopo questa sentenza, dunque, il consumatore di cioccolato dovrà essere più attento. Egli dovrà ispezionare minuziosamente l’etichetta degli ingredienti, quando prima gli sarebbe stato sufficiente leggere sul fronte della barretta di cioccolato la dizione “cioccolato puro”, sicuro, in quest’ultimo caso, che tra gli ingredienti non ci fossero sorprese.

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